Napoli che non muore

Napoli che non muore

13,00 

COD: 9788895063232 Categoria: Product ID: 2404

Descrizione

Il destino dell’editore, comune a quello del cane da tartufo, è la continua ricerca del prezioso oggetto del desiderio. E lo immagina al di sopra di ogni aspettativa possibile, come un diamante grezzo di spropositate dimensioni che la miniera in cui sta scavando dovrà – necessariamente – un giorno regalargli. E la continua ricerca dà frutti. Magari non quelli immaginati, ma li dà, eccome. Non hanno forse gettato le basi della chimica moderna gli illusi operatori d’alchimia, i soffiatori, quelli che davvero speravano di poter ricavare oro “volgare” dai loro esperimenti di laboratorio? Senza di loro la sperimentazione non si sarebbe messa in moto. Eppure, quelli che furono ritenuti fallimenti, hanno spesso rappresentato dei capisaldi della moderna Chimica. Non sa cosa troverà il povero, arrovellato editore sul percorso, nella sua affannosa ricerca della “madre di tutte le Opere” (triste parafrasi di ben più tragici e recenti esempi). Ma qualcosa, sempre, corona gli sforzi di chi non rinunzia. Chi scrive non si è potuto sottrarre a questo destino, ed ha ricevuto il giusto guiderdone. Quest’opera del Terranova, scrittore e giornalista napoletano di fine Ottocento, ha tutto lo smalto, la vérve di un pezzo scritto oggi. Non è facile trovare testi di quel periodo che conservino tanta piacevolezza di lettura e tanto interesse di contenuti. Eppure c’era, nascosto da qualche parte, dimenticato oggi e poco conosciuto già nel 1906, anno in cui l’editore Vito Morano lo dette alle stampe. Lo testimonia la pressoché totale assenza nelle stesse biblioteche pubbliche. Sì, è un profumatissimo e pregiato “tartufo” questo “Napoli che non muore…”. Lo serviamo oggi a soddisfazione del palato del nostro lettore, per quanto raffinato possa essere. Un piccolo intervento di svecchiamento – lo confessiamo – l’abbiamo voluto operare. Nulla di che: asciugata una punteggiatura ridondante, ora essenziale, attuale; e poi eliminata qualche elisione, di quelle comuni nel lessico ottocentesco, dal sapore un po’ retrò… Forse se ne poteva fare a meno. Il testo avrebbe conservato quella sottile patina che il tempo lascia sui vecchi cari oggetti di famiglia. Ma tant’è. Oggi sarebbe lecito chiedersi – se non leggessimo in principio l’amorevole prefazione di Ferdinando Russo – come è possibile che la penna di Francesco Terranova non si sia sollevata proprio adesso dalla carta, per il piacere di chi ora regge tra le mani questo prezioso, divertente, raro lavoro di sensibilità e ingegno. Non resta che augurare buona lettura.

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